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Oggi vediamo come scegliere le migliori penne stilografiche.
La penna stilografica è uno strumento di scrittura che utilizza un pennino imbevuto dell’inchiostro contenuto in un serbatoio. Leggermente diversa dalla comune penna a sfera, ha un fascino tutto particolare e grazie ai design sempre più ricercati rappresenta un ottimo compromesso tra l’antico e il moderno.
Origine
La prima penna stilografica fu brevettata ufficialmente in Francia nel 1827 su un modello messo a punto da uno studente di nome Petrache Poenaru, ma la sua storia inizia, in realtà, molti secoli prima. Per far fronte al problema di dover sempre intingere il pennino in una boccetta d’inchiostro, già gli egizi cercarono il modo di creare una penna che avesse un piccolo serbatoio incorporato in modo da facilitare la scrittura ed evitare di macchiare mani e foglio con le gocce di inchiostro.
Le prime penne stilografiche a usare tutti questi componenti sono apparse nel 1850. Nel 1870 Duncan MacKinnon, un Canadese che viveva a New York City, e Alonzo T. Cross of Providence, Rhode Island crearono penne stilografiche con un pennino cavo, tubulare e un filo che funzionava come valvola. Ora le penne stilografiche sono usate soprattutto per bozzetti e disegni tecnici, ma nel 1875 erano molto popolari.
Nel 1880 iniziò l’era della produzione di massa delle penne stilografiche. I produttori dominanti Americani in questa’era di pionieri erano Waterman e Wirt, con base rispettivamente a New York City e Bloomsburg, Pennsylvania. Waterman presto surclassò Wirt e tutte le altre compagnie che nacquero, nel mercato nuovo e in crescita delle penne stilografiche, e rimase leader fino al 1920.
In questo periodo, le penne stilografiche erano quasi tutte riempite svitando il tappo del serbatoio e inserendo l’inchiostro attraverso un contagocce. Questo sistema era lento e difficoltoso.
In aggiunta, le penne stilografiche tendevano a perdere inchiostro nei tappi e alla giunzione dove il serbatoio veniva aperto per essere riempito. Ora che i problemi materiali erano stati superati, ed era stato regolato il flusso d’inchiostro durante la scrittura, i successivi problemi da risolvere erano la creazione di un sistema di caricamento semplice e comodo e il problema delle perdite. I sistemi di caricamento iniziarono ad essere prodotti intorno alla fine del secolo; quello che ebbe più successo fu probabilmente il meccanismo crescent filler di Conklin, seguito dal meccanismo twist filler di A. A. Waterman.
Il punto di svolta, tuttavia, fu il grande successo del sistema a levetta di Walter A.Sheaffer, introdotto nel 1912, che affiancò il contemporaneo sistema button filler, o caricamento a pulsante di fondo, di Parker.
Nel frattempo, molti inventori rivolsero la loro attenzione al problema delle perdite. Alcune delle prime soluzioni per questo problema arrivarono nella forma di una penna “sicurezza” con pennino retraibile che permetteva al serbatoio di inchiostro di essere tappato come una bottiglia. La soluzione più efficace arrivò da F.C. Brown della Caw’s Pen and Ink Co. e da Morris W. Moore di Boston. Nel 1907 Waterman introdusse sul mercato una penna di sicurezza che presto divenne la più diffusa tra queste penne. Per penne con pennini non rientranti, l’adozione di tappi con cappucci interni che si sigillavano attorno al pennino, aderendo alla parte anteriore della sezione, risolse effettivamente il problema delle perdite (anche queste penne furono messe in commercio come “penne sicurezza” come quelle di Parker Jack Knife Safety e della Swan Safety Screw-Cap).
Funzionamento
La prima penna stilografica, diciamo il suo antenato, era costituita da una combinazione di due penne d’oca incastrate l’una dentro l’altra: il serbatoio (penna interna) e il pennino (penna esterna). L’inchiostro contenuto nel serbatoio, usciva dal pennino seguendo due principi fisici: la gravità e la capillarità. Tenendo il pennino ad una inclinazione di 45 gradi rispetto al foglio, la gravità fa sì che l’inchiostro scenda nel serbatoio fino al pennino.
La capillarità è invece un concetto più complesso: si tratta, tecnicamente, dell’interazione fra le molecole di un liquido (nel nostro caso l’inchiostro) e quelle di un solido (il pennino): grazie alla capillarità l’inchiostro si diffonde dal pennino al foglio. Ma stiamo parlando sempre di un prototipo in uso fino al 1600 di cui non sono rimasti esemplari in circolazione. Sembra comunque che non fosse un sistema di scrittura molto diffuso. Il boom delle stilografiche scoppiò intorno alla metà del XIX secolo, quando una serie di brevetti portò a tre sostanziali innovazioni che si dimostreranno vincenti: il pennino dorato con la punta in iridio, l’ebanite e l’inchiostro a flusso libero.
L’iridio è un metallo, simile al platino, comunemente indicato come il più resistente all’usura e alla corrosione chimica. Esattamente quello che ci vuole ad una penna stilo. L’ebanite, fino all’invenzione della plastica, è stata utilizzata per fabbricare parti di strumenti musicali, rubinetti, tubi, bocchini per pipa e, ovviamente, penne stilografiche. Si tratta di un materiale composto da un miscela di gomme naturali, zolfo e sostanze minerali. Facilmente lavorabile, si ammorbidisce non appena si surriscalda. Infine l’inchiostro a flusso libero e con bassi residui permetteva una scrittura lineare e costante. Nel 1870, la stilo viene dotata di una valvola per regolare il flusso d’inchiostro. Il serbatoio, fino all’invenzione delle cartucce pre-caricate e sostituibili, veniva riempito con un contagocce.
Struttura
Le differenze sostanziali fra i vari modelli di stilo, risiedono tutte nel pennino. Quindi, il primo passo per scegliere correttamente il tipo di penna, è considerare il proprio tipo di scrittura. Chi ha una scrittura piccola, deve scegliere un pennino fine; chi scrive a caratteri grandi, può scegliere un pennino largo, avendo però l’accortezza di tenerlo quasi piatto per permettere all’inchiostro di bagnare bene il pennino stesso. Chi ha un tratto pesante, cioè è abituato ad esercitare una forte pressione sul foglio, deve scegliere i pennini tubolari che sono più rigidi di quelli tradizionali. Nessuna restrizione, invece, per chi ha un tratto leggero.
La penna stilografica è composta da 5 parti cosiddette “di base”: conoscerle aiuta a usare correttamente la penna e a provvedere alla sua necessaria manutenzione.
L’involucro: guaina che racchiude il serbatoio, impugnatura e cappuccio. Si tratta dell’esterno della stilo, personalizzabile in colori e fantasie. Può essere di plastica o di materiali più pregiati come l’argento, l’oro o il platino.
Il serbatoio: custodito all’interno dell’involucro, è la sede dell’inchiostro. Può essere ricaricabile o usa e getta (cartucce).
Il sistema di erogazione: attraverso una serie di piccolissimi canali, usando il principio della capillarità, l’inchiostro esce dal pennino permettendo la scrittura.
Il sistema di “troppopieno”: è un dispositivo che serve per eliminare le perdite di inchiostro, soprattutto quando la penna stilo subisce bruschi sbalzi di temperatura e pressione.
Il pennino: tratto terminale della penna, abbiamo detto essere l’elemento sul quale far convergere la scelta del proprio modello.
La penna stilografica scrive grazie ad un mix fra inchiostro e aria che permettendo la giusta pressione, fa si che il fluido esca dal pennino in maniera costante. Il punto di controllo di questo delicato sistema di alimentazione si chiama chiusa. Sull’efficienza della chiusa si gioca la qualità e il prezzo di una stilografica.
Pennini
I pennini moderni per penne stilografiche possono essere fatti risalire ai pennini originali in oro con punta iridio delle penne del 1830. Oggi, in genere, i pennini sono in acciaio inossidabile o in oro, i più popolari sono quelli in oro 14 carati e 18 carati. L’oro è considerato il metallo migliore per la sua flessibilità e la resistenza alla corrosione, anche se la resistenza alla corrosione dell’oro è diventata meno importante che in passato, per via di migliori leghe di acciaio inossidabile e inchiostri meno corrosivi. I pennini d’oro sono fatti di una lega dura, resistente all’uso, con metalli del gruppo platino.
Il materiale di cui è fatta la punta è spesso chiamato “iridio”, ma pochi, se non nessun produttore, usano ancora leghe contenenti il metallo. I pennini in acciaio inossidabile possono avere punte più dure; quelli senza punte in acciaio inossidabile si usurano più rapidamente, per via dell’abrasione della carta.
Il pennino di solito ha un taglio lungo la parte centrale, per trasferire l’inchiostro per capillarità, oltre a una “apertura per il respiro” di varie forme, per favorire il ricambio d’aria per l’inchiostro nel serbatoio della penna. L’apertura per il respiro si comporta anche da punto che alleggerisce lo stress, impedendo al pennino di rompersi longitudinalmente dall’estremità del taglio, per una ripetuta flessione durante l’uso. L’intero pennino si restringe in una punta dove l’inchiostro viene trasferito sulla carta.
Ampie penne calligrafiche possono avere diversi tagli nel pennino, per aumentare il flusso d’inchiostro e aiutare a distribuirlo in maniera regolare. I pennini divisi in tre “sezioni” sono noti comunemente come pennini “musicali”, perché la loro linea che può essere variata da spessa a sottile è adatta a comporre spartiti musicali. Anche se la maggior parte dei pennini finisce con una punta tonda di dimensioni variabili (sottile, media, ampia), sono disponibili varie altre forme. Ad esempio con punta obliqua, obliqua rovesciata, stub, italica e pennini a 360 gradi.
Le penne stilografiche della prima metà del 20° secolo avranno con maggiore probabilità pennini flessibili, adeguati agli stili di scrittura preferiti del periodo (es.: Copperplate e Spencerian Script). Nel 1940, le preferenze si erano spostate verso pennini più rigidi, che potessero reggere la maggiore pressione richiesta per scrivere attraverso la carta carbone, per creare documenti in duplice copia.
Inoltre, la competizione tra le maggiori marche come Parker e Waterman, e l’introduzione della garanzia a vita, comportò il fatto che i pennini flessibili non potessero essere più prodotti con profitto. Nei paesi dove questa rivalità non era presente in maniera così spiccata, ad esempio UK e Germania, i pennini flessibili sono più comuni. Oggi i pennini rigidi sono la norma, poiché le persone alternano tra penne stilografiche e altri modelli di scrittura. I pennini rigidi sono più simili alle penne a sfera alle quali molte persone sono abituate, ma spesso sono descritti con un senso di “scrivere con un’unghia” da chi preferisce un pennino più flessibile.
(I pennini, specialmente quelli più flessibili, possono essere facilmente danneggiati da utilizzatori di penne a sfera che scrivono esercitando una pressione eccessiva. Idealmente, il pennino di una penna stilografica scivola sulla carta usando l’inchiostro come lubrificante, e non richiede pressione). Un apparente comune denominatore di pennini di buona qualità— a patto che siano stati usati in maniera appropriata— è che hanno una lunga durata, spesso più lunga della vita del loro proprietario. Molte penne vintage, con pennini vecchi di decadi, possono essere usate ancora oggi.
Meccanismi di caricamento
I serbatoi delle prime penne stilografiche venivano riempiti prevalentemente con il contagocce. Questo processo era relativamente difficoltoso e creava problemi: di conseguenza oggi vengono prodotte pochissime penne che si riempiono con il contagocce. Tuttavia, per l’assenza di meccanismi complicati, un riempitore-contagocce poteva contenere molto più inchiostro di una penna auto-ricaricante di dimensioni paragonabili. Dopo l’era del riempimento con il contagocce, arrivarono le prime generazioni di meccanismi di caricamento di massa, e praticamente tutti usavano una borsa di gomma per contenere l’inchiostro. La borsa era compressa e poi rilasciata con vari meccanismi, per riempire la penna.
Il meccanismo crescent filler di Conklin, introdotto nel 1901, è stato uno dei primi meccanismi di caricamento automatico di massa. Il sistema crescent filler utilizza una mezzaluna a forma di arco, attaccata a una barretta metallica che comprime il sacchetto. La mezzaluna protrude dalla penna attraverso uno slot e la barretta di pressione si trova all’interno del serbatoio. Un secondo componente, un anello duro in gomma a forma di C, si trova tra la semiluna e il serbatoio.
Normalmente, l’anello blocca una pressione involontaria della semiluna. Per riempire la penna, basta girare l’anello attorno al serbatoio fino a quando la semiluna coincide con l’apertura nell’anello; questo permette di spingere in basso la semiluna e spremere il sacchetto interno. Dopo il meccanismo crescent filler arrivarono una serie di sistemi sempre più complessi, che raggiunsero l’apice nel meccanismo di Sheaffer Snorkel, introdotto nel 1953. Con l’avvento delle moderne cartucce in plastica, nei primi anni ’50, la maggior parte di questi sistemi furono eliminati in favore della convenienza (ma di una ridotta capacità). I meccanismi con caricamento a levetta iniziarono a comparire nel 1820, ma la moderna popolarità del meccanismo inizio con l’originale Pelikan nel 1929, che si basava su un brevetto Croato. L’idea di base è semplice: si gira una manopola all’estremità della penna e un meccanismo a stantuffo trascina un pistone su per il serbatoio, aspirando l’inchiostro. La capacità di queste penne era inferiore rispetto ai migliori sistemi con sacchetto o contagocce, ma erano più semplici da riempire. La loro capacità limitata è dovuta alle dimensioni del pistone: alcuni dei primi modelli dedicavano metà della lunghezza della penna solo a questo meccanismo. L’avvento dei pistoni telescopici ha migliorato questa situazione.
Il meccanismo Touchdown Filler è stato introdotto da Sheaffer nel 1949. Fu pubblicizzato come un “Esclusivo sistema di caricamento Pneumatico Down-stroke.” Per riempirlo, viene svitata una manopola all’estremità del serbatoio e lo stantuffo attaccato viene tirato fuori per tutta la sua lunghezza. Il pennino è immerso nell’inchiostro, il pistone viene spinto dentro, comprimendo e poi rilasciando il sacchetto di inchiostro attraverso la pressione dell’aria. Il pennino viene lasciato nell’inchiostro per circa 10 secondi, per permettere al serbatoio di riempirsi.
Un sistema di caricamento capillare è stato introdotto da Parker nel 1956. Non c’erano parti mobili: il serbatoio di inchiostro veniva aperto all’estremità superiore, ma conteneva della plastica flessibile, strettamente arrotolata. Per essere riempito, il serbatoio veniva aperto, l’estremità esposta era inserita nell’inchiostro e gli interstizi della plastica aspiravano e trattenevano l’inchiostro per un meccanismo di capillarità. L’esterno del serbatoio era rivestito da un composto repellente che rilasciava l’inchiostro in eccesso. L’inchiostro era trasferito attraverso un ulteriore tubo capillare al pennino. Poiché non veniva offerto alcun metodo di pulitura del dispositivo, la produzione terminò perché il sistema si inceppava per problemi di intasamento con inchiostro asciutto e indurito.
All’inizio del 21° secolo, Pelikan ha introdotto un nuovo sistema di caricamento costituito da una valvola all’estremità della penna, che si abbina con una boccetta di inchiostro speciale. Una volta agganciato questo, l’inchiostro viene spinto nel serbatoio della penna (che, non avendo alcun meccanismo a parte la valvola stessa, ha praticamente la capacità di una penna a riempimento con contagocce delle stesse dimensioni). Questo sistema per ora è stato adottato solo nella loro linea “Level”, e non sembra essere stato un gran successo commerciale.
Oggi, la maggior parte delle penne usa un meccanismo di caricamento a pistone o una cartuccia; molte penne possono usare un converter, un dispositivo che ha le stesse dimensioni di una cartuccia, ma ha un meccanismo di caricamento e un serbatoio attaccato ad esso. Questo permette alla penna di caricarsi
Cartucce
La maggioranza delle marche di penne stilografiche Europee (ad esempio Caran d’Ache, Faber-Castell, Michel Perchin, DuPont, Montegrappa, Stipula, Pelikan, Waterman, Montblanc, Monteverde, Sigma, Delta e Rotring) e alcune marche di penne di altri continenti (ad esempio Bexley, Retro51, Tombow e Acura) usano le cosiddette “cartucce internazionali” (o ” cartucce Europee” o “cartucce standard ” o “cartucce universali”), piccole (38 mm di lunghezza, circa 0.75 ml di capacità) o grandi (72 mm, 1.45 ml), o entrambe.
E’ uno standard, così le cartucce internazionali di ogni produttore possono essere usate nella maggior parte delle penne stilografiche che accettano cartucce internazionali. Anche converter ideati per sostituire cartucce internazionali possono essere usati con la maggior parte delle penne stilografiche che accettano cartucce internazionali.Alcune penne stilografiche molto compatte (ad esempio Waterman Ici et La e Monteverde Diva) accettano solo cartucce internazionali corte. I converter non possono essere usati con queste penne (ad eccezione dei cosiddetti mini-converter prodotti da Monteverde).
Molti produttori di penne stilografiche hanno sviluppato, in diversi periodi, cartucce proprietarie, ad esempio Parker, Lamy, Sheaffer, Cross, e Namiki. Penne stilografiche prodotte da Aurora, Hero, Duke e Uranus accettano le stesse cartucce e gli stessi converter di Parker e viceversa (anche le cartucce Lamy, seppur non ufficialmente, sono intercambiabili con quelle Parker). Le cartucce Aurora sono leggermente diverse da quelle Parker. Hero, Duke e Uranus hanno prodotto alcune penne stilografiche che accettano cartucce internazionali.
I converter corrispondenti, che possono essere usati al posto delle cartucce proprietarie, in genere sono realizzati dalla stessa azienda che ha realizzato la penna. Alcune penne stilografiche molto compatte accettano solo cartucce proprietarie fatte dalla stessa azienda che ha realizzato la penna, ad esempio Sheaffer Agio Compact e Sheaffer Prelude Compact. Con queste penne non si può usare un converter.
Con queste penne, l’unico modo pratico per usare un’altra marca di inchiostro è riempire le cartucce vuote con l’inchiostro di una boccetta, usando una siringa. Le cartucce delle penne stilografiche oggi sono chiuse da una piccola sfera di plastica, tenuta dentro il foro di uscita dell’inchiostro da colla o da un sottile strato di plastica.
Quando la cartuccia è premuta nella penna, una piccola punta spinge dentro la pallina, che cade nella cartuccia. Nonostante le cartucce non creino problemi e siano più comode rispetto al riempimento da boccetta, ancora oggi si vendono converter e sistemi di caricamento. I sistemi di caricamento non a cartucce tendono ad essere leggermente più economici nel lungo periodo, poiché l’inchiostro in genere costa meno in boccette che non in cartucce.
I difensori dei sistemi di caricamento basati su boccetta citano anche un minore spreco di plastica per l’ambiente, una possibilità di selezione di inchiostri più ampia, una più facile pulitura delle penne (poiché far entrare l’inchiostro attraverso il penino aiuta a dissolvere i residui del vecchio inchiostro), e la possibilità di controllare e caricare l’inchiostro in qualsiasi momento.
Utilizzo
La differenza maggiore tra una comune penna a sfera (modello BIC per intenderci) e una stilografica è la particolare sensibilità della seconda alle variazioni di temperatura e pressione. Può capitare quindi, che la stilo, smetta di scrivere. La prima operazione da fare in questo caso è sciacquare il pennino sotto un getto di acqua fredda corrente (mai acqua calda o alcool).
Poi riempire nuovamente il serbatoio o sostituire la cartuccia e iniziare a scrivere morbidamente finché il sistema di alimentazione non si rimette in circolo e l’inchiostro inizia a fuoriuscire. Per evitare di dover compiere di frequente questa operazione, durante i viaggi in aereo tenere il serbatoio completamente vuoto o completamente pieno. Penna vuota e pulita, invece, se si pensa di lasciarla inutilizzata per diverso tempo. Tuttavia possono insorgere altri problemi
-Se il serbatoio non si ricarica: ammesso che la penna non sia dotata di cartucce usa e getta, il serbatoio potrebbe essere stato caricato in modo scorretto o essere difettoso. Nel primo caso consultare il libretto di istruzioni, nel secondo portare la penna in assistenza.
-Se il pennino non scrive: può essere danneggiato o sporco. Nel primo caso bisogna sostituirlo, nel secondo pulirlo. Ricordarsi di non lasciare la penna senza cappuccio: l’inchiostro presente nei canali potrebbe asciugarsi ostacolando la scrittura.
-Se il flusso di inchiostro è irregolare: il flusso dovrebbe essere sempre costante. La causa più ovvia di questa anomalia è l’esaurimento dell’inchiostro. Accertarsi comunque di aver riempito correttamente il serbatoio o di aver ricollocato bene la nuova cartuccia.
-Se il pennino “gratta”: il pennino dovrebbe sempre scorrere morbidamente sul foglio. Se ciò non dovesse avvenire, può essere un pennino poco rigido o danneggiato. In questo caso occorre sostituirlo.
L’uso della penna stilografica è sicuramente per amanti e appassionati poiché ilo suo corretto ed efficiente utilizzo presuppone un’attenta cura. I problemi maggiori di una penna stilografica sono legati al flusso di inchiostro che è, come abbiamo più volte accennato, il tallone di Achille di questo strumento di scrittura. Alcune piccole accortezze possono tenere alla larga molti problemi
-Mettere sempre il cappuccio facendo attenzione a tenere la penna in posizione verticale con il pennino rivolto verso l’altro. Se lo si tiene al contrario, è possibile che l’inchiostro rimasto nel pennino fuoriesca nel cappuccio per effetto della forza di gravità, macchiandolo.
-Pulire la penna, di tanto in tanto, usando solamente acqua fredda per il risciacquo e uno spray al silicone per lucidarla.
Se nonostante le accortezze in fase di scrittura il flusso di inchiostro fosse troppo abbondante può essere necessario uno fra questi accorgimenti: controllare che le punte del pennino non siano distanziate (in questo caso sostituire il pennino con uno integro); controllare che l’alimentatore non sia storto o allentato (in caso si riscontrasse questa anomalia è necessario portare la penna in assistenza); controllare che non si sia rotta la cartuccia (in questo caso sostituirla).
Una penna stilografica di buona qualità, usata correttamente e correttamente curata non dovrebbe perdere inchiostro o lasciare macchie sulla pelle delle mani o sul foglio. Se così fosse, la stilo presenta qualche problema di tenuta. Controllare, pertanto, le parti interne, il serbatoio o la cartuccia, le giunture e le parti esterne della penna. Provvedere a pulire le parti sporche, soprattutto del meccanismo di erogazione dell’inchiostro e sostituire quelle rotte o allentate. A questo punto, verificare anche la convenienza di comprare una penna nuova, a meno che quella difettosa non abbia un elevato valore economico per il quale valga la pena di comprare nuovamente le componenti danneggiate.
Penne Stilografiche più Vendute Online
Per concludere proponiamo una lista delle penne stilografiche più vendute online in questo periodo con il relativo prezzo.
Cliccando sui prodotti presenti nella lista è possibile leggere le opinioni dei clienti.